Accordi prematrimoniali: quando il “per sempre” ha bisogno di un piano B

Introduzione: parliamo di… piano B?

RT: Oggi, sempre in collaborazione con il portale Life Is Better After Divorce, parliamo un tema che suscita grande interesse ed un po’ di confusione: gli accordi prematrimoniali. Cercheremo di capire innanzitutto cosa sono e poi verificheremo se e quale spazio operativo possono avere nel nostro ordinamento giuridico e, soprattutto, nella nostra quotidianità.

LIBAD: Eh, lo so cosa avete pensato leggendo il titolo: “Ma come si fa a parlare di piano B proprio mentre si organizza il matrimonio? Non è un po’ come comprare l’ombrello mentre si prenota la vacanza al mare?” Ebbene sì, lo ammetto: non è esattamente l’argomento più romantico da affrontare mentre si sceglie il fotografo o si assaggia la torta nuziale. Ma sapete cosa è ancora meno romantico? Scoprire che secondo l’ISTAT il 48% dei matrimoni in Italia finiscono in divorzio! Sì, avete capito bene: praticamente la stessa probabilità di indovinare testa o croce con una moneta. (Come raccontavo nel lungo articolo “il Matrimonio Italiano visto da un alieno” – e credetemi, visto da fuori fa ancora più impressione).

Con questi numeri, forse sarebbe il caso di aggiungere un asterisco a quel “per sempre” delle favole, no? Ed è qui che entrano in gioco gli accordi prematrimoniali. Lo so, lo so, al solo sentirli nominare qualcuno sta già storcendo il naso: eppure ritengo che potrebbero essere proprio loro a salvarvi da anni di battaglie legali più estenuanti di una maratona in salita. Ma sentiamo una opinione legale qualificata

Cos’è questo “prenup” di cui tutti parlano?

RT: Gli accordi prematrimoniali sono veri e propri contratti (estremamente conosciuti ed utilizzati in alcuni paesi esteri, specialmente negli USA – prenuptial agreements) attraverso i quali le coppie possono regolare in anticipo alcuni aspetti della loro vita coniugale, come ad esempio la gestione dei beni, la divisione dei patrimoni e, addirittura, stabilire anticipatamente le clausole che governeranno la loro separazione o il loro divorzio: ad esempio l’eventuale affidamento dei figli, il diritto di uno dei coniugi a ricevere un contributo al proprio mantenimento e altre questioni di natura economica e patrimoniale.

LIBAD: Facciamo un salto oltreoceano, dove questi accordi sono così comuni che ormai fanno parte del “wedding planning” quanto la scelta dei fiori o della location.

Negli Stati Uniti, il “prenup” (così lo chiamano loro, perché pronunciare “accordo prematrimoniale” è troppo lungo quando hai una vita social da gestire) è diventato praticamente il “must have” del matrimonio moderno. E non parliamo solo dei super ricchi: sono sempre più le coppie “normali” che decidono di mettere nero su bianco cosa succederebbe in caso di divorzio.

Volete dei casi celebri? Jeff Bezos e MacKenzie Scott ci hanno regalato il divorzio più costoso della storia – spoiler: non avevano un prenup. Ops!

Mark Zuckerberg e Priscilla Chan, invece, hanno fatto i compiti a casa prima delle nozze.

E poi c’è Nicole Kidman che ha inserito nel suo accordo con Keith Urban una clausola “anti-ricadute”: se lui torna alle vecchie dipendenze, addio diritti economici. Insomma, da oltreoceano ci insegnano che l’amore è bello, ma la chiarezza è meglio.

Il paradosso italiano: più tutele da conviventi che da sposati

LIBAD: mentre negli Stati Uniti i prenup sono una realtà consolidata per i matrimoni, in Italia abbiamo deciso di fare le cose… a modo nostro. Se convivete, potete tranquillamente firmare accordi che regolano tutti gli aspetti patrimoniali della vostra relazione (basta inserirli all’interno del contratto di convivenza). Ma se decidete di sposarvi? Ah no, in quel caso la legge ritiene che non siate abbastanza maturi per prendere decisioni sul vostro futuro. È un po’ come dire che il matrimonio, invece di rendervi più responsabili, vi fa tornare adolescenti. Qualcuno riesce a spiegarmi la logica?

RT: Spesso si sente affermare che gli accordi prematrimoniali in Italia non sono ammessi e sono addirittura nulli. Si tratta di un’affermazione in parte erronea e, in ogni caso troppo generica, che merita un approfondimento.

L’art. 162 del codice civile disciplina le cosiddette convenzioni matrimoniali: attraverso un atto pubblico i coniugi sono liberi di determinare quale sia il loro regime patrimoniale (in sostanza la disciplina delle spettanze e dei poteri dei coniugi relativamente all’acquisto ed alla gestione dei beni).

Fondamentalmente i coniugi sono liberi, attraverso un accordo, di derogare al regime legale della comunione dei beni e questa tipologia di accordo prematrimoniale è dunque assolutamente legittima.

Ma anche altri patti sono pienamente leciti, purché rispettino le seguenti condizioni:

  • L’accordo non deve riguardare diritti indisponibili (ad esempio il diritto di chiedere la separazione: non potrebbe essere valido il patto con il quale i futuri sposi concordino di non poter mai separarsi legalmente)
  • Fra le condizioni patrimoniali dei coniugi non deve sussistere una evidente sproporzione

Quindi la libertà contrattuale dei coniugi esiste anche se incontra dei precisi limiti che si sostanziano nella impossibilità di derogare ai principali doveri nascenti dal matrimonio, quali quelli previsti dal codice civile agli articoli 143 (dovere di contribuire ai bisogni della famiglia), 147 (dovere di mantenere i figli) e 148 (dovere di concorrere al mantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro professionale o casalingo).

Alla luce di quanto sopra risulta evidente che uno o entrambi i coniugi non potrebbero rinunciare all’assegno di mantenimento o all’assegno di divorzio (questo principio è stato ad esempio ribadito dalla Cassazione nel 2017).

Ma che ne sarebbe di un accordo attraverso il quale i due futuri sposi pre-determinino la quantificazione del suddetto assegno? Di certo una rigida valutazione depone a favore della nullità di tale accordo; ma siamo proprio sicuri che, in una eventuale sede giudiziale, questa quantificazione fatta dai futuri coniugi in un momento di serenità non potrebbe essere valutata quantomeno come un indizio (o quale macroscopico ordine di grandezza)?

Le aperture della Cassazione: piccoli passi verso il futuro

RT: La Corte di Cassazione, nell’ormai lontano 2012, ha riconosciuto la validità di un accordo prematrimoniale con il quale i futuri coniugi avevano concordato che in caso di separazione la moglie avrebbe dovuto vendere al marito un immobile di sua proprietà. Tale trasferimento di proprietà avrebbe avuto la funzione di indennizzare il marito per le spese di ristrutturazione della casa di proprietà della moglie (Cassazione Civile, sezione I, sentenza n. 23713 del 21 dicembre 2012)

Sempre la Cassazione, con sentenza. n. 19304/2013, ha ritenuto legittima la clausola con la quale i coniugi avevano previsto l’obbligo della restituzione di un mutuo, intercorso tra loro, se si fosse verificata una separazione personale.

Con l’ordinanza n. 13366 del 15 maggio 2024 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito alla ammissibilità e validità di un accordo patrimoniale tra coniugi concluso anche prima della separazione avente ad oggetto la ripartizione delle spese quotidiane familiari.

Inoltre la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21111 del 29 luglio 2024, ha stabilito un principio di diritto che potrebbe cambiare il panorama giuridico italiano in materia di assegno divorzile. Secondo la decisione, l’assegno divorzile non è dovuto quando, durante il matrimonio, sono stati stipulati accordi patrimoniali o sono state effettuate elargizioni economiche tali da riequilibrare le condizioni economiche dei coniugi.

Molto spesso gli accordi prematrimoniali rappresentano una sorta di condicio sine qua non che la famiglia di uno dei futuri sposi intende imporre all’altro.

Ciò si verifica soprattutto qualora una delle due famiglie sia particolarmente agiata dal punto di vista economico e, in vista di una eventuale rottura del matrimonio, vuole in un qualche modo “limitare i danni” predeterminando i termini dell’accordo di separazione.

Ribadiamo che per la legge alcuni accordi presentano una causa illecita, in considerazione della circostanza che i diritti e i doveri che nascono dal matrimonio non sono disponibili (art. 160 c.c.). Più in dettaglio, sono considerati invalidi tutti i patti che vanno a limitare o a regolare in maniera differente quanto già statuito dalla legge, ossia i pilastri del matrimonio: fedeltà, figli, coabitazione. Ad esempio, risultano nulli tutti gli accordi che vanno a incidere sulle dinamiche sessuali, che pongono tutte le spese a carico di un solo coniuge, e dispongono sulla gestione dei figli.

Ci sono dei miti da sfatare

LIBAD: Eh si…

Mito 1: Gli accordi prematrimoniali sono solo per i ricconi che hanno paura di perdere la collezione di Ferrari. Falso. Un accordo prematrimoniale può essere utile a qualsiasi coppia, indipendentemente dal proprio reddito.

Mito 2: Gli accordi prematrimoniali sono un segno di sfiducia. Falso. Al contrario, un accordo prematrimoniale può essere un segno di maturità e di responsabilità. Se ben strutturati – e qui sta il bello – possono proteggere entrambe le parti. Pensate a tutele extra per il coniuge che guadagna meno, o a criteri equi per dividere quello che costruirete insieme. È un po’ come avere un paracadute: speri di non usarlo mai, ma se serve è meglio averlo che improvvisare!

Mito 3: Gli accordi prematrimoniali sono illegali in Italia. Falso. Come abbiamo visto, gli accordi prematrimoniali potrebbero essere ammessi in Italia, o quantomeno avere una utilità pratica, purché rispettino i limiti previsti dalla legge.

Conclusione: modernizziamoci?

LIBAD: In un contesto sociale in cui la metà dei matrimoni finisce in divorzio, continuare a considerare gli accordi prematrimoniali come qualcosa di “poco romantico” è un po’ un’ipocrisia o, quantomeno, un lusso che non possiamo permetterci. Se già accettiamo questi accordi per le convivenze (dove teoricamente c’è meno commitment), perché non per i matrimoni? Non è forse ora di allineare le nostre leggi alla realtà? Dopotutto, la chiarezza non ha mai rovinato un amore vero – al massimo ha evitato qualche mal di testa futuro!

RT: In un mondo che vuole sempre delle risposte certe e lapidarie, bisogna ogni tanto prendere atto del fatto che esistono, anche in ambito legale, delle zone di grigio che impongono di soffermarsi a valutare in maniera accurata il caso specifico.

Può dunque dirsi che prima della celebrazione delle nozze i futuri sposi possano valutare la sottoscrizione di accordi che regolino determinati futuri aspetti dei loro rapporti economici e patrimoniali.

Non si può inoltre non rilevare come determinati accordi prematrimoniali potrebbero costituire una proficua funzione di deflazione delle controversie di separazione e divorzio.

LIBAD: Ma quindi, dal punto di vista pratico, come si fa a stipulare un buon accordo prematrimoniale?

RT: Innanzitutto chiedendo una consulenza ad uno studio legale specializzato in diritto di famiglia; sarà sufficiente un parere orale per verificare se nel caso concreto sia possibile, ed in quali termini, predisporre un accordo. In caso affermativo, lo studio seguirà passo per passo la coppia nella predisposizione di un documento che, in caso di crisi futura, potrà evitare, o almeno limitare, tante spese e tante discussioni