Separazione: nessun addebito se la moglie è omosessuale

L’eventuale omosessualità del coniuge non è una buon motivo per addebitare la separazione, costituendo anzi una ragione in più di intollerabilità della convivenza.

La Cassazione, con una recentissima sentenza nr. 8713 del 29 aprile 2015, è costretta ancora a ricordare che la separazione per colpa non esiste più dal 1975 grazie alla riforma del diritto di famiglia.

Nel merito la Cassazione ha rigettato il ricorso di un uomo che si opponeva al pagamento dell’assegno di mantenimento nei confronti dell’ex moglie invocando l’addebito della separazione per la violazione dei doveri coniugali, in quanto la stessa,  stanca di “comportarsi da moglie fedele e da madre” aveva abbandonato il tetto coniugale, preferendo “accompagnarsi con altre donne con cui intratteneva relazioni omosessuali”.

Forte della decisione del giudice di prime cure che gli aveva dato ragione, l’uomo ricorreva in Cassazione impugnando la sentenza della corte d’appello che aveva invece escluso l’addebito nei confronti della signora e disposto l’assegno di mantenimento a carico del marito in quanto la stessa era una domestica “in nero”, priva di redditi adeguati.

Ma la Cassazione ha confermato la decisione della corte territoriale, riaffermando che il diritto alla separazione è fondato su fatti che nella coscienza sociale e nella comune percezione rendano intollerabile il proseguimento della vita coniugale, ribadendo che, nella doverosa visione evolutiva del matrimonio, la frattura può dipendere “dalla condizione di disaffezione e di distacco spirituale anche di uno solo dei due coniugi”.

E dunque, laddove tale situazione si verifichi, costituisce esercizio di un diritto e non può certo costituire ragione di addebito.

Tornando al caso di specie, quindi la Cassazione ha ritenuto ampiamente motivato l’accertamento della situazione di intollerabilità della convivenza per la moglie da parte della corte territoriale, provata anche dalla profonda depressione che aveva condotto la donna addirittura a tentare il suicidio.

Quanto all’asserita omosessualità, anche se appurata, non farebbe che avvalorare la scelta della fuga: attesa la ancor maggiore evidenza dell’intollerabilità della convivenza matrimoniale per una persona omosessuale”.