La legge n. 219/2012, in vigore dal 1 gennaio 2013, equipara i figli nati da una coppia di conviventi a quelli di una regolare coppia sposata. Questo comporta che i genitori, coniugati o meno, abbiano nei confronti dei figli i medesimi diritti e doveri. Sono venute meno inoltre le differenze in materia successoria e per quanto riguarda la competenza processuale. La legge ha infatti stabilito che il Tribunale ordinario è competente nel risolvere le questioni relative all’affido e al mantenimento dei figli sia di coppie sposate che di fatto. Novità che presenta aspetti positivi per quanto riguarda la tutela dei diritti.
Occorre premettere che quando una coppia decide di separarsi non deve necessariamente rivolgersi al Tribunale per regolarizzare le modalità di affidamento e mantenimento dei figli. Tuttavia è sempre consigliabile rivolgersi al Tribunale per formalizzare un eventuale accordo tra le parti, poiché una semplice scrittura privata non è in grado di obbligarli giuridicamente.
I provvedimenti del Tribunale sono infatti vincolanti e questo permette, in caso di inottemperanza da parte di uno dei due, di agire per ottenere il rispetto di quanto pattuito.
La recente Legge Cirinnà, che ha introdotto importanti novità per le coppie di fatto, presenta il difetto di non garantire, in caso di separazione, una tutela adeguata al convivente più debole economicamente. La legge infatti non prevede la corresponsione di un assegno di mantenimento a favore del convivente più svantaggiato, ma solo il diritto agli alimenti da commisurare alla durata della convivenza. Discorso completamente diverso deve essere fatto per i figli e il loro mantenimento.
I genitori devono infatti provvedere alle loro necessità in misura proporzionale alle rispettive capacità reddituali ed economiche. Il Giudice dopo aver confrontato le diverse posizioni dei due ex conviventi deciderà chi tra i due è tenuto a corrispondere l’assegno di mantenimento e la misura dello stesso. Nella determinazione dell’entità dell’assegno il magistrato deve tenere conto altresì del tenore goduto dai figli durante la convivenza. Altra questione da regolare è quella relativa alle spese straordinarie, stabilite solitamente nella misura del 50% a carico di entrambi i genitori.
La parificazione dei figli naturali a quelli legittimi comporta l’applicazione della disciplina sull’affido condiviso, che enuncia il principio della bigenitorialità. Questo significa che la potestà genitoriale viene esercitata da entrambi i genitori. Discorso diverso deve essere fatto per la collocazione fisica del figlio. Si ritiene infatti che, per l’equilibrio psico-fisico del minore, sia preferibile che costui dorma e trascorra le proprie giornate presso l’abitazione del genitore collocatario capace di assicurare una maggiore presenza e cura. La giurisprudenza post-riforma tende a incoraggiare il pernottamento di una o due notti presso il genitore non collocatario, che in genere è ancora il padre.