AUTOCERTIFICAZIONE INFONDATA E REATO DI FALSO

Argomento attualissimo atteso che viviamo, ormai da un anno, alle prese con la onnipresente autocertificazione.

Questo strano documento è entrato a far parte delle nostre vite e ognuno di noi si è trovato negli ultimi mesi nella sgradevole situazione di doverlo compilare.

Ma cosa succede se si scrive qualcosa di falso?

Affronta l’argomento il Tribunale Penale di Reggio Emilia (con la sentenza n. 54 del 2021) statuendo che non ha rilevanza penale la compilazione di una falsa autocertificazione. E di conseguenza deve essere prosciolto perchè il fatto non costituisce reato chi, un anno fa, in violazione alle prescrizioni del Dpcm dell’8 marzo 2020 si era fatto sorprendere in strada con un modello di autocertificazione che riportava ragioni prive di fondamento, asserendo la necessità di una visita in ospedale.

La pronuncia in questione mette in evidenza come non si configuri un falso ideologico in atto pubblico per effetto della trasgressione di un Dpcm che è intervenuto a istituire un obbligo di permanenza domiciliare che, per giurisprudenza consolidata anche della Corte costituzionale, rappresenta una limitazione della libertà personale che può essere disposta dall’autorità giudiziaria o comunque dall’autorità giudiziaria deve essere valutata.

Così peraltro dispone l’articolo 13 della Costituzione con il quale si stabilisce che le limitazione della libertà personale possono essere adottate solo su atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei casi e modi stabiliti dalla legge.

E allora, sottolinea la sentenza, è evidente che un Dpcm, atto regolamentare di rango secondario nella gerarchia delle finti di natura giuridica, non può intervenire a disporre un obbligo di permanenza in casa. Ma il Gip-Gup di Reggio Emilia si spinge anche oltre e osserva che neppure una legge o un decreto legge potrebbe prevedere in via generale e astratta, nel nostro ordinamento, l’obbligo della permanenza domiciliare disposto nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini, «posto che l’articolo 13 della Costituzione postula una doppia riserva, di legge e di giurisdizione, implicando necessariamente un provvedimento individuale, diretto dunque nei confronti di uno specifico soggetto».

La pronuncia ricorda poi che, trattandosi di un atto amministrativo come il Dpcm, non è necessario un rinvio della questione alla Consulta perchè ne venga dichiarata l’illegittimità. A disapplicarlo basta l’intervento della magistratura.

A nulla serve poi il passaggio del divieto dall’area della libertà personale a quello della libertà di circolazione, circoscrivendo solo a quest’ultimo la prescrizione del Dpcm. Per la sentenza infatti la libertà di circolazione, come affermato dalla Corte costituzionale, può trovare limitazione con riferimento all’accesso a determinati luoghi, magari perchè giudicati infetti, ma non può essere confusa con una vera e propria limitazione della libertà personale.

Per il giudice di Reggio Emilia quindi il Dpcm è illegittimo per violazione dell’articolo 13 della Costituzione e la redazione dell’autocertificazione rappresenta una costrizione «incompatibile con lo stato di diritto del nostro paese». Per questo la falsità del documento, provata negli atti, non ha i connotati dell’antigiuridicità e non deve essere punita sul piano penale. Si configura infatti il caso di un falso inutile perchè incide su un documento irrilevante.