IL DANNO MORALE ESISTE ANCHE PER LA PERDITA DEL PROPRIO ANIMALE

Finalmente una sentenza storica destinata a far riflettere.

Così, quella emessa dalla Corte d’Appello di Roma , il 23 marzo 2015, che ha condannato un veterinario al risarcimento del danno morale, oltre a quello patrimoniale, al proprietario di un cane, per aver causato la morte dell’animale con la sua condotta negligente.

Nella sentenza si legge: “Non sembra dubitabile che la perdita di un animale d’affezione, specie nel caso in cui il rapporto sia radicato da tempo, comporti un pregiudizio non soltanto alla sfera emotivo-interiore, ma sia suscettibile di modificare e alterare le abitudini di vista e gli assetti relazioni del danneggiato“.

Deceduto in seguito all’ingestione di un osso che avrebbe causato l’occlusione dell’esofago con lacerazione dei tessuti e con un conseguente versamento di liquido, il veterinario non avrebbe fatto quanto in suo potere per evitarne la morte, sbagliando dapprima la diagnosi e, successivamente, non correggendo l’errore commesso.

La Corte d’Appello è stata altresì molto chiara sulla parte del ricorso con cui si contestava il riconoscimento del danno morale ritenendolo insussistente.

«Nel caso di un cane da compagnia – scrivono i giudici di secondo grado – è fin troppo noto come le abitudini dell’animale influiscano sulle abitudini del padrone e come il legame che si instaura sia di una intensità particolare, sicché affermare che la sua perdita sia `futile´ e non integri la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata, non sembra più rispondente ad una lettura contemporanea delle abitudini sociali e dei relativi valori».

Nelle parole della Corte d’Appello vi è dunque il pieno e incontestabile riconoscimento del valore psico-affettivo della relazione uomo-animale.

Finalmente una sentenza innovativa che contribuisce a far chiarezza in un ambito giurisprudenziale dove non vi possono e non ci devono essere dubbi interpretativi. 

L’animale ormai fa parte della vita delle persone che lo accolgono nella propria famiglia, e per tale ragione deve essere tutelato e rispettato.

Questa sentenza dovrebbe farci riflettere!!!!