Con la sentenza n. 6855 del 3 aprile 2015, la Cassazione torna a pronunciarsi in tema di assegno divorzile in caso di convivenza more uxorio.
In materia, è principio ormai consolidato che la sopravvenuta relazione more uxorio del coniuge avente diritto all’assegno divorzile possa assumere rilevanza nel procedimento di determinazione dello stesso, se incide in maniera concreta sulla situazione economica del beneficiario.
Fino al 2010, la giurisprudenza sia di merito che di legittimità ha ritenuto, però, che l’eventuale sopraggiunto rapporto di convivenza fosse un elemento valutabile in ordine all’accertamento della disponibilità di mezzi adeguati da parte del richiedente, ma che, stante le intrinseche caratteristiche di precarietà della relazione more uxorio, i relativi benefici economici che ne potevano derivare fossero idonei solo a determinare una riduzione dell’assegno, rilevato che l’art. 5 della legge sul divorzio tutela le condizioni minime di autonomia giuridicamente garantite fino a che l’avente diritto non contrae nuove nozze (Cass. Civ. sent. 22.01.2010 n. 1096; Cass. 24858/08, n. 14921/07, n. 1179/06).
Nell’ambito di un sempre più ampio riconoscimento delle famiglie di fatto, gli Ermellini hanno, in seguito, affermato il principio secondo il quale la convivenza more uxorio è elemento valutabile in ordine all’accertamento della disponibilità di mezzi adeguati da parte del richiedente, tanto da poter determinare non solo la riduzione, ma anche la sospensione dell’assegno divorzile, ove la convivenza sia stabile e duratura, eventualmente accompagnata dalla nascita di un figlio.
Con la sentenza n. 6855 del 2015, la Prima Sezione Civile della Cassazione afferma oggi il principio della perdita definitiva del diritto all’assegno divorzile nel caso in cui la convivenza more uxorio del coniuge beneficiario si concretizzi in una famiglia di fatto connotata non solo da stabilità e continuità, ma portatrice “di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e di sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e di istruzione dei figli” che si realizza quando i componenti “elaborano un progetto e un modello di vita in comune”.
La nuova relazione familiare così connotata fa venir meno il diritto all’assegno divorzile e la necessità, per l’effetto, di un raffronto dell’adeguatezza dei mezzi di sussistenza dell’ex coniuge, in quanto “rescinde ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale“.
Orbene, nel caso di nuove nozze del beneficiario, la perdita dell’assegno divorzile è automatica, nel caso di famiglia di fatto, dovrà essere accertato, caso per caso, la sussistenza di tutti gli elementi caratterizzanti il nuovo rapporto familiare connotato da un progetto di vita in comune.
Tuttavia, una volta accertatane la ricorrenza, la Suprema Corte precisa che la creazione di una famiglia di fatto, essendo “espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole“, implica anche l’assunzione del relativo rischio di una eventuale futura cessazione della convivenza.
Secondo il recente orientamento, dunque, se l’ex coniuge si ricostruisce una vita pur senza sposarsi, questa nuova stabilità comporta, quindi, l’estinzione del diritto all’assegno divorzile senza alcuna possibilità di una riespansione successiva, qualora la convivenza venga meno.
Se appariva chiara la ratio della previsione della sospensione del diritto all’assegno durante la convivenza more uxorio del beneficiario, pone oggi alcuni interrogativi la soppressione definitiva di qualsivoglia tutela economica dell’ex coniuge.